Come gestire la distanza nelle relazioni: un punto di vista filosofico

relazione a distanza

Qual è la prima parola che ti viene in mente quando si parla di relazione?

Di sicuro, non è “distanza” !

Eppure sempre più spesso mi ritrovo ad ascoltare persone che, parlando del proprio partner, di un collega o magari di un amico, finiscono per usare l’aggettivo “distante”.

Quando si parla di distanza, a proposito delle relazioni, si pensa sempre a qualche tipo di lontananza geografica. Qualcosa di corporeo e materiale che si estende tra due soggetti altrimenti uniti per via emotiva, immateriale.

In uno scenario del genere possiamo trovare diverse soluzioni per ovviare al problema o, almeno, tamponare la situazione temporaneamente: ed effettivamente, almeno in questo caso, la moderna tecnologia, i social e gli smartphone ci hanno aiutato tantissimo nel gestire relazioni a distanza.

Cosa accade, invece, quando ci troviamo di fronte alla situazione diametralmente opposta?

Cosa possiamo fare quando siamo cioè costretti a gestire una vicinanza fisica, materiale, in cui non troviamo una corrispondenza emotiva e spirituale?

In simili occasioni, all’interno di una relazione di amicizia, d’amore o persino lavorativa, di vecchissima data, finiamo per percepire in modo nitido una certa sensazione di lontananza rispetto all’Altro.

Una forma di estraneità radicale il cui significato più profondo finisce per diventare sfuggente, generando un senso di vuoto così forte da risultare, per qualcuno, lacerante.

Da cosa scaturisce questa emozione?

Per comprenderlo dobbiamo provare a fare un passo indietro, chiedendoci: cos’è esattamente una relazione?

Se prendiamo in esame la definizione da vocabolario, quella che, per esempio ci può dare un Treccani, leggiamo:

relazióne s. f. [dal lat. relatioonis, der. di referre «riferire», part. pass. Relatus]. –

    1. L’azione e il fatto di riferire, e il testo stesso, orale e scritto, con cui si riferisce, e la sua forma: fare, presentare una r.; r. di un viaggio, di una spedizione scientifica, o su un’inchiesta; una r. ampia, documentata, esauriente o breve, troppo generi affrettata; r. introduttiva. […]

    2. Connessione o corrispondenza che intercorre, in modo essenziale o accidentale, tra due o più enti (oggetti e fatti, situazioni e attività, persone e gruppi, istituzioni e categorie, fenomeni, grandezze, valori, ecc.): tra questi due avvenimenti non c’è alcuna r.; cose in diretta r. l’una con l’altra; tra i due fatti sussiste una precisa r. di causa e d’effetto;

    3. Con riferimento a persone o a gruppi, come rapporto, legame o vincolo reciproco.”

In qualche modo, quindi, la parola relazione, a partire dal suo stesso valore etimologico (portare a, ricondurre) fa riferimento ad un fenomeno, più o meno transitorio, di interconnessione tra oggetti o, come nel caso delle relazioni interpersonali, soggetti, altrimenti irrimediabilmente separati. Altri. Lontani tra loro e privi di qualunque tipo di tratto comune.

Un Altro che, secondo le parole di Ortega y Gasset ci risulta radicalmente estraneo, sconosciuto e per ciò stesso potenzialmente ed “essenzialmente” pericoloso – (Cfr. Man and People, 1957).

Le immagini e le suggestioni finora descritte ci riportano ad un’alterità assoluta, totalmente aliena, dove la distanza regna sovrana e protagonista. Ad una forma di relazione che nella sua stessa natura, trova la causa della problematicità – se non impossibilità – dei rapporti interpersonali vissuti quotidianamente.

Eppure continuiamo ad avere bisogno degli altri e della relazione con gli altri per poter vivere.

comunità vettori-gratuito/dipendenti-che-danno-le-mani-e-aiutano-i-colleghi-a-salire-le-scale_7732609Immagine di pch.vector su Freepik

L’unica modalità di esistenza che ci è data non è soltanto quella delimitata dalle categorie di spazio (hic) e di tempo (nunc): l’unico esser-ci possibile è l’essere qui e ora “con”.

Come provare, quindi, a risolvere la problematicità ontologica delle relazioni?

In questo caso Schopenhauer può venirci in soccorso.

Il dilemma del porcospino.

 

“Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li portò nuovamente a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro fra due mali. Questo finché non riuscirono a trovare una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione.

Così il bisogno di società, che scaturisce dal vuoto e dalla monotonia della propria interiorità, spinge gli uomini l’uno verso l’altro; le loro molteplici repellenti qualità e i loro difetti insopportabili, però, li respingono di nuovo l’uno lontano dall’altro. La distanza media, che essi riescono finalmente a trovare e grazie alla quale è possibile una coesistenza, si trova nella cortesia e nelle buone maniere.

A colui che non mantiene quella distanza, si dice in Inghilterra: keep your distance! Con essa il bisogno del calore reciproco è soddisfatto in modo incompleto, in compenso però non si soffre delle spine altrui. Colui, però, che possiede molto calore interno preferisce rinunciare alla società, per non dare né ricevere sensazioni sgradevoli.” – Arthur Schopenhauer, Parerga e Paralipomena, Vol. II, cap. XXXI, sez. 396 (1851).

porcospino, dilemma del porcospino

Si tratta di un racconto noto proprio per la potenza dell’allegoria utilizzata: salta subito all’occhio, infatti, l’analogia tra esseri umani e porcospini (o istrici nella versione originale dal tedesco), entrambi costretti alla vicinanza per sopravvivere.

Il così come il calore fisico nell’ambiente corporeo, il calore emotivo nell’ambiente psichico e animico, è elemento imprescindibile per la sopravvivenza di un individuo, giovane o adulto che sia.

Esattamente come i porcospini con i loro aculei, anche gli esseri umani, con la loro irriducibile unicità e alterità l’uno rispetto all’altro, presentano delle asperità che ne rendono complesso l’avvicinamento.

La distanza in questo caso può essere vista come un ingrediente prezioso nella gestione dei rapporti interpersonali, trasformandosi da elemento disturbante e negativo a strumento fondamentale per la buona riuscita della relazione.

avocado amicizia friendship

Proprio con una gestione ottimale della distanza dall’altro possiamo riuscire, esattamente come i porcospini di Schopenhauer, a godere del tepore dello scambio emotivo reciproco senza ferirci a vicenda con gli aculei delle nostre difese, dei nostri traumi, delle nostre lacerazioni animiche, troppo spesso ignorate o comunque non adeguatamente curate.

Per imparare a gestire la distanza è necessario innanzitutto comprendere chi siamo, delimitare i nostri confini, comprendere quali sono gli spazi in cui vogliamo e possiamo muoverci in totale libertà. Solo dopo aver compiuto questa operazione di definizione o ridefinizione dei nostri confini, potremo adeguatamente approcciarci all’Altro, provando a comprenderlo, ad osservarne gli spazi, le caratteristiche e i limiti.

Un’osservazione preliminare indispensabile per poter tracciare, stavolta insieme, un nuovo spazio comune, che si intersechi tra le esigenze di ciascuna delle parti.

Come sempre, la chiave del successo di ogni relazione (lavorativa, familiare, amicale o sentimentale) sta nella pazienza e nella costanza: proviamo a guardare noi stessi e l’Altro da noi (il capo, il collega, il figlio, il genitore, il partner…) con tolleranza e comprensione. Sospendendo momentaneamente il giudizio su noi stessi e, soprattutto, su colui o colei il quale o la quale ci si pone di fronte, con tutta la sua vulnerabilità, con tutte le sue ferite, con tutta la sua umanità.

Senza fretta, proviamo a rivolgere a noi e all’altro, uno sguardo gentile.Uno sguardo curioso. Uno sguardo d’amore.

amicizia, donne, donne passeggiano, cane e gatto, ciao

E tu? Come gestisci la distanza nelle tue relazioni?

 

Riesci a barcamenarti senza problemi, oppure hai qualche difficoltà? Fammelo sapere con un commento oppure parlane con me sulla mia pagina Facebook o nel gruppo collegato !

Se il contenuto che ti ho proposto ti è piaciuto non dimenticare di lasciarmi un like: in questo modo aiuti tantissimo me e la mia attività a crescere e migliorare giorno dopo giorno.

Spero che questo articolo possa esserti stato di aiuto e averti dato qualche spunto di riflessione per la gestione delle tue relazioni.chiama, donna al telefono

Se senti l’esigenza di approfondire l’argomento o vuoi chiedermi qualcosa puoi contattarmi per fare quattro chiacchiere qui o sui miei canali social.

Con Amore,

 

Dott.ssa Maria Vittoria Cristiano

 

(Visited 21 times, 1 visits today)

Leave A Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked *